Il collettivo musicale ‘E Zezi nasce nel 1974 intorno ad un gruppo di lavoratori dell’Alfasud di Pomigliano d’Arco. Scopo di quest’ensemble di operai, studenti e musicisti è aggregare esperienze e vissuti dell’entroterra napoletano intorno ad un progetto comune di riscatto sociale attraverso le arti. Nelle mani di quello che si definisce fin da subito “gruppo operaio” le forme espressive della tradizione popolare si trasformano in nuovi mezzi di comunicazione e lotta per sfuggire all’omologazione culturale. “Per combattere l’uniformità del pensiero, la musica è uno strumento ancora e sempre valido.” Angelo De Falco. Il nome “Zezi” deriva dal termine “Zeza”, una scenetta carnevalesca cantata al suono del trombone e della grancassa che veniva rappresentata nei cortili dei palazzi, nelle osterie e nelle piazze durante il periodo del Carnevale. Espressione tipica delle culture contadine della Campania, questa tradizione vide probabilmente la luce nella seconda metà del Seicento e fu presto avversata “per le mordaci allusioni e per i detti troppo licenziosi ed osceni”, come riportano gli editti in materia di ordine pubblico già ai primi del Settecento. Il carattere intrinsecamente rivoluzionario della Zeza è più che una fonte di ispirazione per il gruppo operaio di Pomigliano. Rivestito delle forme della musica popolare, al ritmo indiavolato di tarantelle, tammuriate e fronne (l’antica tecnica canora che simula i versi dei mercanti per attirare l’attenzione dei potenziali acquirenti presso i loro banchi), raccontato attraverso il dialetto (“la lingua del confronto trasversale”, spiega Angelo de Falco), il messaggio di ‘E Zezi è prettamente politico. In primo piano i temi sociali della disoccupazione, del precariato lavorativo, delle morti bianche. Sullo sfondo, Napoli, le sue contraddizioni, e una società tutta che, con strappi drammatici e dolorose accelerazioni, da agricola diventa industriale. Il culmine di questo paradosso è rappresentato dalla “Fabbrica”, la storica Alfasud di Pomigliano, simbolo della speranza di un rilancio socioeconomico del Mezzogiorno, che, invece, consuma terra e persone senza produrre alcuna vera possibilità di ripresa. Intorno allo zoccolo duro dei fondatori (composto da Angelo e Antonio de Falco, Pasquale Terracciano, Massimo Mollo, Matteo D’Onofrio, Marzia Del Giudice e Marcello Colasurdo, uno dei più celebri interpreti della canzone tradizionale vesuviana e voce storica del collettivo fino al 1996), si sono avvicendati più di duecento musicisti, tra i quali un Daniele Sepe appena sedicenne (che partecipa alle registrazioni di Tammurriata dell’Alfasud) e Enzo Gragnaniello, che nel 1977 accompagna il gruppo come chitarrista al Festival Inter Drama a Berlino. Con l’arrivo, nel 1976, di Patrizio Esposito e Gloria Bova, il collettivo si apre al teatro di strada riprendendo la lezione del regista brasiliano Augusto Boal, il cui “teatro dell’oppresso” mette in scena la realtà discutendola e trasformando lo spettatore in soggetto attivo. Tellurici e deflagranti, carnascialeschi e arrabbiati, ‘E Zezi hanno messo insieme moltissime cose: le maschere della commedia e la tragedia del vivere quotidiano, l’arte popolare del canto di lavoro e il riscatto morale della lotta di classe, il repertorio antico della tradizione orale e tutte le istanze della modernità. Una musica, la loro, che unisce con sorprendente vitalità antico e moderno. Una musica viscerale, invasata e saggia che si trasforma in ritmo di lotta. Che diventa la pacifica ribellione di una violenta tarantella.
01 Tammurriata: Belle Figliola / Tarantella Napulitana / Tarantella Paisana / 'A Vecchia 'E San Martino / Palle E Pallucce / Improvvisazione
02 Tammurriata Dell'Alfasud
03 Tammurriata De Pummarole E 'A Cantata De Maccarune
04 Alli Uno 'E Puverielle
05 'A Flobert
06 Bandiera Rossa
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