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SITI MUHARAM - SITI OF UNGUJA : ROMANCE E REVOLUTION ON ZANZIBAR (On The Corner, 2020)


 

Negli anni ’30 del secolo scorso tocca a una donna africana di estrazione contadina imprimere un cambiamento epocale al taraab di Zanzibar, il genere musicale fino allora prevalentemente di dominio maschile e rivolto ai ceti abbienti di origine araba. Siti Binti Saad (1880-1950; Siti significa “signora” in swahili), nativa di un villaggio posto a poche miglia dalla capitale dell’arcipelago crocevia di tutto l’Oceano Indiano, proveniente da una famiglia di schiavi affrancati, è una delle prime donne a esibirsi in pubblico con un gruppo maschile. Con il suo stile porta la musica dalla corte del sultano nella strada, adattandola al gusto popolare; abbandona l’arabo per adottare lo swahili e, naturalmente, incrocia la nascente industria discografica, incidendo 78 rpm in India e in Africa Orientale. Va oltre le restrizioni di genere e con il crescere della sua reputazione le sue canzoni abbandonano i classici temi romantici del taraab per descrivere la vita quotidiana di Zanzibar, trattare temi come la violenza sulle donne, la corruzione politica e giudiziaria o l’amore privato del consueto sentimentalismo. Si erano messi sulle tracce della musica e dell’eredità di Siti Binti Saad, Pete Buckenham della label britannica OnTheCorner Records (onthecornerrecords.bandcamp.com) e il produttore Sam Jones (della SoundThread), quando nell’isola dell’Oceano Indiano appresero dell’esistenza di una pronipote di Siti Binti Saad dalla gran voce: Siti Muharam, affiliata alla banda militare taarab per ovviare alla volontà conservatrice della famiglia restia a concederle la libertà di una propria attività artistica. Con il contributo fondamentale nella direzione artistica dell’oudista Mohamed Issa, conosciuto come Matona e figlio d’arte (suo padre è Issa Matona del gruppo JKT Taarab), ha preso forma il progetto che ha portato alla creazione dell’album “Siti of Unguja: Romance Revolution on Zanzibar”, Matona ha raccolto un piccolo ensemble di giovani dotati musicisti locali; ma se da un lato si è orientato verso un’operazione di revival dello stile Siti Binti Saad, con le scale di ascendenza araba e gli elementi ritmici africani, dall’altro sono stati innestati elementi contemporanei con le cordiali aperture funky, l’uso misurato di elettronica (Sam Jones è alle tastiere e alla produzione in studio), contrabbasso (Stian Anderson) e clarinetto basso (Tamar “Collocutor” Osborn) e gli interventi con sovra-incisioni ed effetti realizzati con dovizia in studio al Secret Sundaze di Londra "  blogfolk.com . 





01-     Machozi ya Huba

02-     Sikitiko

03-     Pakistan

04-     Nyuki

05-     Kijiti

06-     Alaminadura

07-    Ashikibaya (Sam Jones Construct)

08-    Mandira




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